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Lo studio: come cambia la mobilità degli italiani
La crisi economica ed occupazionale ha inciso sulla mobilità degli italiani. La mobilità feriale è diminuita progressivamente dal 2008 al 2012, mentre nel 2013 gli spostamenti complessivi della popolazione italiana (14-80 anni) hanno nuovamente superato la soglia dei 100 milioni (+2,8% rispetto al 2012), così il numero passeggeri km, che tocca il suo massimo nel […]
La crisi economica ed occupazionale ha inciso sulla mobilità degli italiani. La mobilità feriale è diminuita progressivamente dal 2008 al 2012, mentre nel 2013 gli spostamenti complessivi della popolazione italiana (14-80 anni) hanno nuovamente superato la soglia dei 100 milioni (+2,8% rispetto al 2012), così il numero passeggeri km, che tocca il suo massimo nel 2008 per poi calare fino al 2012, aumenta in misura più sensibile rispetto al numero degli spostamenti, con una variazione positiva del 9,6%.
L’analisi dei mezzi di trasporto utilizzati per gli spostamenti, non inverte l’impari confronto tra la “mobilità dolce” (piedi o bici, che scende dal 21,1% del 2008 al 16,9% del 2013) e la scelta del mezzo motorizzato, preferita nell’83,1% dei casi (era il 79,9% nel 2008). I “motorizzati” su due ruote scendono intorno al 3,7% di tutti gli spostamenti motorizzati (5,7% nel 2008), i mezzi privati (auto) continuano a detenere il primato (82,7%nel 2013, era l’80% nel 2012) tra gli spostamenti motorizzati con un incremento del 4,1% sul 2012, anche se, guardando alle variazioni degli spostamenti, l’automobile perde in 5 anni il 16% dei passeggeri, con una caduta in valore assoluto di oltre 13 milioni di viaggi nel giorno medio feriale.
Il trasporto pubblico, dopo aver raggiunto la quota del 14,3% di tutti gli spostamenti motorizzati nel 2012, uno dei livelli più alti negli ultimi dodici anni (erodendo quote alla voce moto) riduce la quota nel 2013 al 13,6% (-1,9%). Il trasporto pubblico stenta a diventare competitivo rispetto al mezzo privato, solo la crisi ha determinato un leggermente spostamento verso i mezzi pubblici. Diversi fattori giocano a sfavore della mobilità collettiva: le perduranti incertezze del quadro normativo e regolatorio, i tagli al settore per i servizi e per gli investimenti (manca la certezza dei flussi per gli investimenti) e, dal lato aziendale, l’aumento dei costi dei fattori di produzione (lavoro, materie prime, servizi). A ciò si aggiungono la debolezza delle politiche nazionali e locali “di sistema” per promuovere modelli di mobilità più sostenibili alle diverse scale, e da ultimo gli aumenti tariffari generalizzati che in assenza di miglioramenti tangibili dei servizi offerti non hanno favorito il miglioramento dell’immagine del trasporto pubblico presso la platea di utenti attuali e potenziali (Fonte: ISFORT-ANAV-ASSTRA-HERMES, 11° Rapporto sulla mobilità in Italia).
Dagli indicatori relativi alla domanda e all’offerta di trasporto pubblico locale (autolinee) secondo la tipologia del servizio, rilevati dagli studi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Aziende TPL, si evince che i posti-km offerti dal 2005 al 2013 continuano a calare, così il numero di autobus utilizzati, che rispetto al 2007, passa da 46.735 a 44.543.
Secondo quanto riportato dal più recente studio sul TPL della Fondazione Caracciolo, il cosiddetto Load Factor in Italia è pari al 30,7% contro una media europea del 52,1%. Senza arrivare al massimo di copertura dei costi raggiunto nel Regno Unito con l’84,2%, basterebbe avvicinarsi alla media europea del 52,1%. Oggi, in Italia, sono le aziende municipalizzate o partecipate a maggioranza dagli enti locali a detenere le quote di mercato più ampie. Il grado di apertura del TPL agli operatori privati è pari al 32%.